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Re: Fisco / Tasse / Legge sul Bitcoin
by
arulbero
on 09/02/2020, 08:35:32 UTC
⭐ Merited by fillippone (2)
Per chi volesse apporfondire lascio il link della sentenza (ragazzi dai professiamo disintermediazione e poi ci affidiamo a siti terzi Cheesy)

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=tar_rm&nrg=201907581&nomeFile=202001077_01.html&subDir=Provvedimenti

La "chiccha" la metto subito in risalto : " Gli atti con i quali, nell’approvare le istruzioni per la compilazione del Modello Unico Persone Fisiche 2019, si indicano come da inserire nel quadro RW, tra i redditi finanziari di provenienza estera, anche le valute virtuali, non hanno natura costitutiva della corrispondente obbligazione tributaria, ma sono meramente ricognitivi di obblighi dichiarativi già esistenti, come definiti ai sensi degli artt. 1 e 4 del DL 167/1990, convertito in l. 227/1990 (modificati dal dlgs 90/2017) e nei relativi limiti. "

Tradotto in italiano corrente? Che vuol dire "non hanno natura costitutiva della corrispondente obbligazione tributaria" ?


Riporto alcuni altri passi che mi sembrano particolarmente significativi:

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Si rivela dunque infondata l’argomentazione della parte ricorrente secondo la quale le valute virtuali non dovrebbero essere dichiarate nel quadro RW perché non espressamente elencate nell’art. 4: la nozione di investimenti esteri, valevole ai fini del monitoraggio, è definita all’art. 1 del medesimo d.l., che concorre a definire la nozione degli “investimenti all’estero” e di “attività estere di natura finanziaria”, includendo in esse anche investimenti ed attività mediante impiego di valute virtuali; infondata è anche l’argomentazione secondo la quale i prestatori di servizi attinenti la moneta virtuale non sono operatori finanziari, posto che l’art. 1 cit. assoggetta agli obblighi di monitoraggio sia gli operatori finanziari che quelli non finanziari; irrilevante è la tesi secondo cui le monete virtuali sarebbero “mezzi di pagamento” (e non valute), perché la disposizione di cui all’art. 1 cit. è relativa alle operazioni compiute sia con valute virtuali sia con mezzi di pagamento in quanto tali.

La compilazione del quadro RW dipenderà pertanto dalla sussistenza degli obblighi di monitoraggio in capo ai soggetti a tali obblighi vincolati per effetto della normativa primaria e nei relativi limiti.

Si tratta di interventi normativi espliciti che sono rivolti a conferire un inquadramento formale alle categorie applicabili alle operazioni con le monete virtuali e come tali – differentemente da quanto sostenuto a sostegno del ricorso - si collocano in coerenza ed in continuità con l’elaborazione dogmatica dell’istituto, concorrendo a definirne il regime specie ai fini del monitoraggio e della prevenzione del riciclaggio, ma con evidenti ricadute anche in termini di trattamento fiscale.

Infatti, la nozione di cui alla lett. “qq” sopra riportata, non si limita a qualificare la moneta elettronica quale “mezzo di scambio”, ma contempla espressamente la possibilità che tramite il suo impiego si compiano operazioni di “acquisto beni e servizi” oppure “finalità di investimento”, recependo quella caratteristica duttile delle “rappresentazioni digitali di valori” già avvertita in dottrina - come si è visto dapprima - che consente a queste ultime di veicolare più tipologie di operazioni e scambi (aspetto, del resto, che le stesse parti ricorrenti evidenziano nella loro esposizione preliminare ai motivi di ricorso).

Ne deriva una qualificazione fondata su una definizione “funzionale” dell’oggetto (ovvero teleologica e non meramente tipologica), che impone di ricondurre alle pertinenti forme (esistenti) di tassazione non già il mero possesso di valute virtuali in quanto tali, bensì il loro impiego e la loro utilizzazione entro il novero delle diverse operazioni possibili, coerentemente con la loro natura effettiva, che è – per l’appunto - “rappresentativa di valori” (sia pure scaturente da un riconoscimento pattizio e volontario dei soggetti che le utilizzano), che, a loro volta, sono costituiti da utilità economiche e giuridiche come tali valutabili e pertinenti al patrimonio del soggetto titolare, quindi espressivi di capacità contributiva.

...

l’accoglimento di una nozione “funzionale” della moneta virtuale, nei sensi che si sono indicati, comporta che è soggetta a tassazione non la moneta virtuale come mezzo finanziario in sé, ma l’utilizzo della moneta virtuale ai diversi fini che essa rende possibili

Tradotto: non importa cosa è la moneta virtuale, ma il come si utilizza questa “rappresentativa di valori”.  
I fini della dichiarazione sono: monitoraggio (per eventuale imposizione fiscale) e prevenzione del riciclaggio.


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in Italia il trattamento fiscale dell’uso della moneta elettronica ricade – per quanto concerne l’odierna controversia, inerente la dichiarazione dei redditi delle persone fisiche – entro il novero dell’art. 67 del DPR 22/12/1986 n. 917, come variamente indicato nelle Risoluzioni dall’Agenzia delle Entrate sopra indicate (per l’effetto, non sono soggette a tassazione le operazioni a pronti, in quanto manca la finalità speculativa, salvo plusvalenze o minusvalenze allorquando la valuta derivi da prelievi da portafogli elettronici o “wallet” – conti digitali, per i quali la giacenza media superi i limiti meglio indicati all’art. 67 TUIR, comma 1, lett. c-ter e comma 1 ter; sono soggetti a tassazione come redditi diversi di natura finanziaria, i redditi derivanti da cessioni a termine, ex art. 67 TUIR, comma 1, lett. c-ter; sono soggetti a tassazione come redditi diversi di natura finanziaria quelli derivanti dalle operazioni sul mercato FOREX e CFD ex art. 67, comma 1, lett. c – quater) del TUIR; se tali redditi sono percepiti da persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, sono soggetti ad imposta con aliquota sostitutiva del 26 per cento, a norma dell'articolo 3, comma 1 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 giugno 2014, n. 89, e sono da indicarsi nel quadro RT del relativo Modello).


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A norma dell’art. 4 del d.l. 167/1990, conv. in l. 227/1990, le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR, residenti in Italia, che, nel periodo di imposta detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi; è a questo fine che è stato inserito nel modello Unico il quadro RW (in ordine alle attività detenute all’estero, ordinariamente il contribuente assolve l’Imposta sul Valore degli immobili all’estero - IVIE - e l’imposta sul Valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero – IVAFE-; nel caso delle valute virtuali, come chiarito nelle Risoluzioni dell’Agenzia, l’IVAFE non è dovuta, dal momento che non si tratta di investimenti in depositi bancari ed a tale scopo si richiede la barratura della casella 20, posta in corrispondenza dei righi da RW1 a RW5).

Con l’Interpello nr. 956-39 del 2018 (anteriore alle istruzioni oggetto dell’odierno gravame), l’Agenzia aveva (già) espresso l’orientamento secondo il quale le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW (indicando di inserire nella colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 (“altre attività estere di natura finanziaria”).

Il quadro RW va compilato.

Rimangono aperte diverse questioni:

1) nel momento in cui si comunica di possedere una certa cifra in euro di bitcoin, si solleva immediatamente la questione di dover essere in grado di dimostrare la provenienza di quei soldi (antiriciclaggio): qualunque furfante potrebbe dichiarare di avere 100k euro in bitcoin che non provengono da attività illecite, bisognerebbe quindi essere in grado di documentare come si sono acquistati quei bitcoin.

Ma se sono passati anni (e anni fa non c'era alcuna norma a riguardo) uno potrebbe non avere materialmente le prove di tali acquisti legali.


2) se compro direttamente qualcosa con bitcoin (non cambio in euro), devo lo stesso calcolare le eventuali plusvalenze?


3) se invece di dichiarare nel 2019 uno dichiara nel 2020 o 2021 cambia qualcosa? Ovviamente sempre nel caso non si sia venduto nulla nel frattempo.