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La distruzione di ricchezza si ha quando il surplus di consumo (rispetto al reddito) è intergenerazionale: come nel ns Paese dove stiamo distruggendo la ricchezza messa da parte dalle generazioni precedenti.
E' vero che "distruggere" è una parola non corretta: la ricchezza non si distrugge, si trasferisce: nel caso italiano si accentra nelle mani di pochi, sempre più stranieri.
Credo anche che il lavoratore puro non esista più da almeno un secolo: i proletari esistevano forse nell'800. Già negli anni 50-60 nonostante gli italiani fossero mediamente molto più poveri di quelli di ora la capacità di risparmiare esisteva eccome.
So di fare un discorso antipatico e poco popolare, ma il crollo della capacità di risparmio nell'Italia attuale è figlio di scelte ben precise e non di una oggettiva impossibilità a mettere da parte a causa dei bassi redditi.
E qui si passa dalla sfera economica a quella sociale: il messaggio, più o meno subliminale, che trasuda da ogni poro della nostra società è quello di incentivare il più possibile la spesa in ognuno di noi.
Tempo fa ero con amici ad una cena. Gente che non vedevo da un pò. Entriamo nell'argomento figli. Una ragazza, single, sui 30 anni se ne esce con queste parole: "A me i figli non interessano, nella mia vita non ho intenzione di farli". Silenzio, sguardi gelidi. La ragazza ha appena toccato un tasto proibito. Qualcosa che nella società di oggi non si può dire e nemmeno pensare. Fossimo in 1984 sarebbe uno psicoreato
Però è un pensiero legittimo o vogliamo fare come in Cina dove lo Stato decide il numero di figli?
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Come al solito fai considerazioni molto molto interessanti.
Il mio punto però era un altro:
negli anni 50-60 non è che gli italiani fossero intrinsecamente 'migliori' degli italiani odierni,
semplicemente avevano meno di tutto (soldi, tempo, ricchezza in senso lato) ma
erano ricchi di un'altra cosa: di 'futuro'.
La loro mentalità volta al risparmio (che io non condanno in principio) era più che altro dettata da 2 fattori:
1) dalla necessità (poco da spendere, non potevi viaggiare, comprare libri, smartphone, ... )
2) da una situazione in cui non spendere era un EVIDENTE vantaggio, visto che il mondo attorno migliorava a vista d'occhio e il futuro appariva senz'altro migliore del presente: risparmiare vuol dire guardare al futuro, e oggi in Italia non hai l'impressione che il futuro sarà migliore, anzi (non cerco scuse, mi limito a descrivere quello che vedo).
Se vuoi un confronto: i cinesi negli ultimi decenni per alcuni aspetti si sono trovati in una situazione simile a quella dei nostri nonni: forte crescita economica (facile se parti da molto in basso) e ottime prospettive di crescita, quindi tendenza al risparmio;
non è un caso che da quelle parti la capacità di sacrificio dell'oggi per il domani sia molto alta (pensa solo a quanto studia in media un ragazzo cinese contro un ragazzo italiano oggi)
Altro esempio: chi oggi compra un bitcoin, perchè è un risparmiatore? Perchè ha una mentalità migliore o perchè ha visto un'opportunità (rara di questi tempi) di miglioramento per il futuro?
La mia tesi è che il concentrarsi sul presente (leggi: godere e consumare) anzichè sul futuro (programmazione e risparmio) nasca semplicemente dal fatto che
oggi in Italia c'è abbondanza di materia prima da spendere nel presente (leggi denaro e oggetti) da una parte e mancanza di futuro, inteso come prospettiva di miglioramento, dall'altra (vedi i primi 23 secondi di
https://www.youtube.com/watch?v=4N3uZGF_mCw )
Avere l'impressione di aver già raggiunto tutto quello che c'era da raggiungere e che non ci sia più nulla da fare facilmente ti porta a concentrarti sul presente, anzichè sul futuro. E direi che sono almeno 30-40 anni che l'Italia non va avanti sotto molti punti di vista (a partire dall'economia, ma non solo).